Un enigma agghiacciante: nuovi casi di autocombustione umana.
di M.Giusy Margiotta
Il primo caso di Spontaneous Human Combustion testimoniato dalla storia della medicina risale al XV secolo, in Italia. Fu un cavaliere di Milano la sfortunata vittima dell'autocombustione, Polonio Vorzio andò a fuoco da solo dopo aver bevuto un bicchiere di vino, davanti allo sguardo terrorizzato dei familiari. Era il 1470, ma a riferire la vicenda fu, quasi due secoli dopo, nel 1641, il medico e matematico danese Thomas Bartholin.
Quell'episodio fu il primo di una lunga serie, infatti, si sono susseguiti nel corso del tempo altri rari, ma eclatanti episodi di combustione spontanee. Agghiacciante fu la morte della contessa Cornelia Di Bandi, nel 1731 a Cesena. La trovarono a terra, tra il letto e la finestra della camera, con le dita, le gambe e la testa carbonizzate. Il resto del corpo era intatto, come pure la camera. Unica traccia del rogo, la fuliggine, che copriva il pavimento e il pane posato sul tavolino accanto al letto.
Nel 1967, si ricorda il caso di un senzatetto, trovato moribondo in una strada della Gran Bretagna: un vigile del fuoco raccontò di aver visto una fiamma bluastra uscire dal suo addome. Mentre in Florida, una signora venne trovata carbonizzata in salotto. Con lei erano bruciati una pila di giornali e l'area della moquette su cui giaceva il corpo, ma tutta la mobilia era in normali condizioni. Così il cadavere: si era ridotto in cenere, tranne la testa e una gamba, perfettamente intatte.

Tra il dicembre 2010 e lo scorso marzo tre fatti di cronaca avvenuti in Irlanda hanno riaperto il dibattito sulla combustione umana spontanea, quel supposto fenomeno per cui un corpo sarebbe in grado di prendere fuoco senza alcuna fonte d’innesco.
L’argomento è stato oggetto di numerose teorie e studi ma non sono stati raggiunti risultati condivisi in merito all'esistenza di una tale reazione chimica all'interno del corpo che possa produrre tali risultati. In passato gli studiosi che hanno affrontato l'argomento hanno sempre puntato il dito sull'alcolismo: in sostanza, le fiamme scaturirebbero all'interno del corpo in presenza di una quantità eccessiva di etanolo. Altri ricercatori- come il dottor Gavin Thurston, medico legale londinese- pensavano che a scatenare le fiamme potesse essere il grasso corporeo assorbito dagli abiti, che produceva un effetto "stoppino" bruciando anche a temperatura ambiente.

Ha concluso il ricercatore di Cambridge: "L'etanolo non c'entra anche perché non è normalmente presente nei tessuti umani. Ma c'è, invece, un'altra sostanza chimica altamente infiammabile prodotta dalle nostre cellule e la cui concentrazione può aumentare in particolari frangenti: l'acetone. In alcune condizioni- come l'alcolismo, una dieta priva di grassi, il diabete e persino la dentizione- il corpo sviluppa la chetosi, nella quale si produce l'acetone"
Ford, ha provato ad intridere il maiale in questa sostanza chimica. "Abbiamo fatto dei modelli in scala umana e li abbiamo persino vestiti. Abbiamo acceso un fuoco e nel giro di mezz'ora i maiali erano ridotti in cenere. Per la prima volta, abbiamo dimostrato sperimentalmente che l'autocombustione è reale."
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